giovedì 15 aprile 2021

SE NON SONO TASSE SONO TASSI

 



SE NON SONO TASSE SONO TASSI




di Michele Lamanna




Con una lettera datata 18 marzo 2021  indirizzata alla propria clientela,  Finenco Bank ha comunicato di recedere  dai rapporti che, al momento del recesso o nei tre mesi precedenti, presentano una giacenza media uguale o superiore ad euro 100 mila, salvo che agli stessi non siano  associati investimenti  in prodotti di risparmio gestito o amministrato ed  una qualsiasi forma di finanziamento ( mutuo, prestito personale, etc...) .  


Il motivo che avrebbe indotto a questa decisione viene spiegato da Alessandro Foti, Amministratore Delegato e Direttore Generale  della banca, che con la   stessa lettera,  precisa che “...nel 2020 la media mensile dell’ Euribor 1M ha proseguito la sua discesa toccando a febbraio 2021 il valore di    -0,553%, con un differenziale negativo pari a -0,098% rispetto a ottobre 2019 ( Euribor 1M pari a    -0,455%).”. 



In sostanza, sulle liquidità  ( al netto degli impieghi e delle riserve) che le banche detengono presso   la Banca Centrale Europea,   non viene applicato un  tasso attivo bensì passivo,  sicché  le stesse banche,   invece di percepire,  devono corrispondere alla BCE un interesse attualmente calcolato nella misura dello 0,553% ( l’ Euribor 1M è il parametro che regola le transazioni finanziarie interbancarie); costo che, in qualche modo,  le banche vogliono recuperare dalla propria clientela. 


Per comprendere come mai si sia giunti a questo paradossale capovolgimento del paradigma,  tale quasi  da invertire i ruoli tra depositante e prenditore di denaro,  è necessario fare un rapido passo indietro nella storia recente. 


Nel 2015, seppure in ritardo e nel tentativo di contrastare le conseguenze della crisi finanziaria iniziata nel 2008, la BCE dell’ allora governatore Mario Draghi aveva lanciato il Quantitave Easing (Q.E.), ovvero, un corposo  programma di acquisto sul mercato di Titoli di Stato ed obbligazionari  a tassi contenuti.


Così facendo, secondo le previsioni della BCE, si sarebbe fornita una maggiore liquidità al sistema bancario che, a sua volta, avrebbe dovuto utilizzare per incrementare gli impieghi (finanziamenti), con conseguente stimolo agli investimenti, ai consumi, alla crescita economica.


Tuttavia, sia per mancanza di fiducia da parte delle aziende ad investire in momento di crisi; sia per le problematiche connesse all’ incremento dei crediti deteriorati (NPL – No Performing Loading) ed ai bassi e poco remunerativi tassi di interesse sui finanziamenti, le banche , invece di erogare credito, hanno  preferito depositare le liquidità presso la BCE, lucrando interessi senza rischio.     


Nonostante il sostanziale fallimento del Q.E., la BCE ha deciso di puntare ancora sulla  politica monetaria  introducendo i tassi passivi ( in sostituzione di quelli attivi) sui depositi in conto corrente che le banche intrattengono presso la stessa Banca Centrale: in tal modo, sempre nell’ immaginario dell’ Istituto di emissione,  non avendo più convenienza a detenere depositi presso la BCE, le banche sarebbero tornate ad erogare credito onde favorire la ripresa economica.



Ma anche questa previsione si è rivelata fallace: le banche non solo  hanno perseverato  nella stretta creditizia (credit crunch), ma, laddove possibile,  hanno applicato pure  loro tassi negativi ai depositi della clientela ( paesi del nord Europa); in altri casi , come l’ Italia, stanno adottando atteggiamenti più o meno   “persuasivi”  onde costringere i risparmiatori ad investire le  ormai ingenti liquidità dei conti correnti  ( oltre euro 1.700 miliardi)  in prodotti finanziari vantaggiosi innanzitutto per le banche. 


Insomma, se vogliono continuare ad avere conti correnti in banca, i risparmiatori devono investire in prodotti finanziari, cioè assumersi ulteriori rischi rischi , oltre a quelli già in essere come ad es. il bail-in (1);  oppure devono rassegnarsi a sopportare un incremento delle spese e commissioni.


Questione tanto più perniciosa se si considera l’ attacco alla moneta contante che obbliga sempre  più i cittadini a rivolgersi al sistema bancario. 


Insomma, se non sono tasse sono tassi e, ci sia consentita la metafora, il cetriolo gira...gira….gira… e…….    



Post Scriptum: 


La politica monetaria quale strumento per uscire dalla crisi è evidentemente inefficace; e non è una scoperta recente posto che già negli anni trenta del secolo scorso ne aveva ampiamente dissertato J.M. Keynes parlando della “trappola della liquidità”. 


Lo stimolo reale agli investimenti ed ai consumi non sono i tassi,  bassi, nulli o addirittura negativi che,  come sta ora accadendo,  si ritorcono persino sul risparmio;  ma la fiducia, che può riprendere solo in virtù di una  coraggiosa politica fiscale (investimenti pubblici) perseguita con adeguate risorse finanziarie reperite senza debito.  


Lo consentirebbe mai la BCE, vero organo di governo della UE? Se lo facesse imploderebbe. 

     



(1) Il bail-in o salvataggio interno, è un istituto che , in caso di dissesto di una banca, prevede l’

      intervento prima degli azionisti ed obbligazionisti,  e successivamente dei correntisti per la parte 

      eccedente il saldo di euro 100 mila dei conti correnti, non più coperta dalla garanzia del  Fondo 

      Interbancario di tutela dei depositi.

1 commento:

  1. Non mi ritengo un esperto ma concordo senz'altro nel ritenere che lo stimolo agli investimenti e soprattutto ai consumi non puo' che passare da una rinnovata fiducia dei risparmiatori/investitori che puo' manifestarsi a fronte di una politica fiscale profondamente diversa da quella tuttora adottata.
    Articolo chiaro e assolutamente condivisibile

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