di Michele Lamanna
Nello scorso mese di marzo, una nota casa editrice ha dato alle stampe un libro scritto da Paolo Zannoni, dal titolo “Moneta e promesse – sette storie di banchieri che hanno plasmato il mondo moderno”. Non sappiamo se e quante persone abbiano già avuto modo di leggere questo libro; né, se e quante altre lo faranno. In ogni caso, qualora ce ne fossero o ce ne saranno, vogliamo qui fornir loro una sorta di breve manuale per cercare di decodificare i contenuti di quel libro. Perché?
Innanzitutto, perché l’ esposizione e la terminologia utilizzata dall’autore per descrivere l’ attività bancaria e, di conseguenza, i rapporti tra Stato e banche è, a nostro avviso, capziosa. In secondo luogo, ma non da ultimo, per un dovere morale di riconoscenza nei confronti del mai dimenticato prof. Giacinto Auriti, che criticando tesi analoghe a quelle sostenute nel libro in questione, l’8 marzo del 1993 denunciò la Banca d’ Italia per truffa, falso in bilancio, associazione per delinquere, usura ed istigazione al suicidio.
L’ autore, sulla base di una ricognizione storica che va dal XII secolo alla rivoluzione russa, tenta di dimostrare/giustificare quella che, a suo parere, sarebbe l’ essenza costante dell’attività bancaria.